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Votraci nel Medioevo

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Nelle vicinanze delle sorgenti del Cornea, durante il Tardo Antico, si sviluppò un piccolo fundus romano denominato Vatrasano, aventi caratteristiche produttive silvo pastorali. Il sito era posto lungo l’asse viario Votraci-Antico, in un territorio boscoso, il quale venne parzialmente dissodato e utilizzato per la coltivazione delle castagne, della legna e per il pascolo di animali (1). Dopo la conquista di Salerno da parte dei Longobardi, una parte del territorio per diritto di hospitalitas venne assegnato al faraman di Farinola. Il vasto fondo è documentato dal toponimo Ripa della Manna (Ripa del Faraman) ed era posto sul lato Nord di Votraci, fra S. Bernardino (2), Arenara e Chiarelli (3). Dalla seconda metà del VII e i primi decenni dell’VIII secolo, probabilmente, si insediò nel toponimo la Corte, il faraman o un nobile longobardo appartenente alla sua famiglia. L’emigrazione, poi, del dominus provocò l’abbandono parziale del sito con l’assegnazione ai vari coloni di piccoli fondi agricoli.
Dalla seconda metà del IX secolo in poi, alla vecchia corte si aggiunsero varie curtis, abitate da allodieri e cortisani, i quali colonizzarono i vecchi poderi, ampliandoli e impiantando viti e olivi. Il nuovo villaggio demico, sito fra la cupa di Piazza Grande e il vallone Arenara, in un luogo ricco di acqua e collegato da diverse vie con le vicine curtis di Rovella, Marangi e S. Eustachio, garantì per tutto il periodo longobardo sicurezza, approvvigionamento idrico e alimenti per i suoi abitanti. Limitrofo all’insediamento longobardo si costituì un nuovo aggregato abitato da coloni italo-greci, attirati in loco dai vari proprietari longobardi. Grazie alle loro capacità agrarie e artigianali il nuovo abitato raggiunse per numero di famiglie e per livello sociale il vicino villaggio delle Curti. Durante il periodo Normanno-Svevo, nonostante il cambiamento degli assetti di potere, la struttura abitativa e la componente sociale dei due casali rimase intatta. In particolare, il nucleo italo-greco, grazie alla vicinanza alle varie cellule abitative di S. Eustachio, a una maggiore dinamicità economica e alle qualità artigianali dei suoi abitanti, riuscì ad avere, probabilmente, una maggiore crescita demografica e socio economica rispetto alle vicine Curtis. Gli abitanti dei due aggregati erano dipendenti e coloni del Vescovo di Acerno, proprietario di un vasto fondo agrario. Dalla Guerra del Vespro fin tutto il Trecento il Regno di Napoli fu interessato da una profonda crisi socio economica e demografica che portò al dilagare del banditismo in tutto il Regno, costringendo gli abitanti ad arroccarsi in luoghi sicuri e più riparati. Nel nostro territorio i siti di altura inaccessibili e facili a difendere costituivano i luoghi ideali dove poter costruire case fortificate e torri di difesa (4). Similmente come era avvenuto in altri luoghi anche Votraci, ricco di sorgenti e motte naturali poste vicino agli snodi viari, fu interessato dal fenomeno dell’accentramento urbano attraverso la costruzione di case fortificate a corte chiusa da parte di piccoli proprietari locali e di personaggi provenienti da altri villaggi di Montecorvino. Le vecchie Curtis e parte del villaggio italo-greco vennero abbandonati con lo spostamento degli abitanti verso l’asse viario principale e vicino alle sorgenti dell’Acquolella e dello Piesco. Il nuovo aggregato trecentesco era abitato da famiglie di contadini e da allodieri, in possesso di diversi beni personali e feudali. Fra questi ultimi troviamo, nella seconda metà del XIV secolo, il notaio Guglielmo Guglielmotta, ricco esponente del notabilato montecorvinese, il quale negli ultimi decenni del secolo fondò la cappellania di S. Giacomo e S. Filippo, posta all’interno della chiesa di S. Pietro (5). La presenza della cappella del notaio nella Chiesa Madre indica chiaramente che i nuclei delle Curtis e di Costa dei Votraci erano posti all’interno della parrocchia di S. Pietro fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1274. Purtroppo per il periodo precedente e per quello successivo non abbiamo notizie o riscontri documentali che ci attestino l’esistenza di chiese o cappelle in uno dei micro abitati di Votraci. L’unica informazione che abbiamo è la presenza nel nucleo di Costa dei Votraci di un arco detto Arco dei Santi (6) per cui si può ipotizzare la presenza di una piccola chiesetta privata all’interno del borgo, utilizzata da tutti gli abitanti per ascoltare la messa, pregare e festeggiare la solennità del santo a cui era dedicata.
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Il piccolo edificio sacro era frequentato, probabilmente, anche dai fedeli dei nuclei vicini in virtù di Jus assegnati agli emigranti italo greci nell’XI secolo (7). Costa dei Votraci, quindi, rappresentava il nucleo umanizzato più grande e popolato, abitato da gruppi di famiglie che avevano un forte senso di appartenenza, pronte a difendere le consuetudini e le tradizioni dei propri antenati. Per questi motivi, durante il ‘300, il nome Votraci si estese a tutti i vari nuclei circostanti, come si evince da un documento del 1437 (8). Il toponimo è indicato, fra il XV e XVI secolo, come Botracoru, Votracoru, Botracor e Votracor, ad esclusione di una visita pastorale del 1452, quando per errore dell’estensore dell’atto viene detto Votrangi (9). Il toponimo deriverebbe, con ogni probabilità, dal greco Bòtrys = “grappolo d’uva” o “uva” oppure Bòthros = “fossa”, “buca”, “cavità” (10) e potrebbe indicare in zona la presenza di vigneti o di piccoli dirupi. A mio parere ritengo che sia più probabile il termine agrario anche se non si può escludere la seconda ipotesi per la presenza di piccoli crepacci lungo i due valloni di Piazza Grande e della Celza.
Il Quattrocento fu caratterizzato da ampie fasi di pace e maggior sicurezza e da un costante aumento demografico in tutta l’Università di Montecorvino (11). Il borgo posto lungo la strada proveniente da S. Lazzaro venne abbandonato con la costruzione di nuove abitazioni lungo la via principale. In generale l’intero assetto urbano modificò il vecchio impianto trecentesco, aprendosi e posizionandosi sempre più sui due assi principali: Votraci-Rovella e Votraci Molinati. Il dissodamento dei terreni circostanti e l’impianto di olivi e altre colture aumentarono la produzione, favorendo la commercializzazione dei vari prodotti e un aumento del tenore di vita per tutti gli abitanti. La scarna documentazione del XV secolo ci indica chiaramente che alcune famiglie avevano raggiunto una prosperità e un livello sociale tale da essere considerate a pieno titolo parte integrante dell’élite montecorvinese. Troviamo, infatti vassalli della chiesa, commercianti e fornitori della Chiesa di Salerno, presbiteri e amministratori dell’Università. Fra le famiglie emergenti vi sono i Di Feo, De Angerio, Ferraro, Frecina, Bracale, Corvino, Guglielmotta, De Orlando, De Beneditto e Provenza.

Note

  1. “16 settembre 1571: I Magnifici Ottavio, Scipione e Cesare Denza donano alla loro cappella della Natività della Beata Vergine Maria, sita nella chiesa di S. Pietro de Robella, un castagneto posto nel luogo detto Vatrasano, confinante col Comune della Università di Montecorvino”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3255.
  2. “24 novembre 1588: Un oliveto sito in loco lo Chianello, sopra il casale de Votraci, e sopra la Ripa della Manda, confinante con detta Ripa della Manda e con la Rettoria di S. Maria della Pietà”. A.S.S., notaio V. Vasso, B. 3262.
  3. “19 ottobre 1588: Nell’inventario di Alfonso Aitoro compare un oliveto sito nel casale Chiarelli e proprio sopra la Ripa della Manna”. A.S.S., notaio V. Vasso, B. 3262.
  4. “In questi casali arroccati e fortificati, gravitanti intorno a una piazza, si insediarono alcune famiglie legate da vincoli di vassallaggio alla Chiesa di Salerno. Gli arcivescovi favorirono queste famiglie con vantaggiose concessioni feudali tali da farle diventare fra le maggiori dell’intera Università”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, La stratificazione dei toponimi nello Stato di Montecorvino tra tardo antico e il rinascimento, In V. Aversano, Studi del Car. Topon., n. 1-2, Fisciano 2006, p. 105.
  5. A.D.S., Mont. Rovella Ben. e Cappelle 1587-1733, coll. N. 277.
  6. “8 ottobre 1726: La famiglia Provenza possiede delle case nel casale Votraci e proprio dove si dice l’Arco dei Santi”. A.S.S., notaio S. Corrado, B. 3337.
  7. Una delle caratteristiche essenziali di queste popolazioni era la profonda religiosità e una costante presenza di eremiti ed anacoreti. Alcuni di questi, probabilmente, erano monaci basiliani, abituati a vivere in luoghi isolati e nelle immediate vicinanze di sorgenti di acqua. Il territorio montano di Votraci ancora oggi ha molte sorgenti, per cui è molto probabile la presenza in loco di questi monaci orientali, arrivati in contemporanea con i loro conterranei.
  8. “Concessione feudale a Salvatore Maiorino del 16 agosto 1437: una terra seminatoria della Mensa Arcipiscopale, nel loco detto Santo Petrogniano e proprio ubi dicitur la Strazella (Stratella), al confine con la Mensa Episcopale, quale terra la lavorava Pietro De Feo, di casali Botracoru in pertinenza di Montecorvino, ora libera per la sua morte”. A.D.S., Reg. Mensa n. 33.
  9. “Visite Pastorali del 18 agosto 1452: D. Paolo Ferrara, prius de Votrangi”. A.D.S., Visite Pastorali Acerno-Montecorvino 1452-1868, coll. N. 1. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, Montecorvino Rovella febbraio 2018, p. 152.
  10. Secondo quanto suggerito dal dott. Vladimiro D’Acunto, archeologo e scrittore.
  11. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, Battipaglia 2001, p. 38.
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La Corte. Nella piazzetta sita davanti a Vicolo Corto, ai margini Nord-Ovest del torrente Arenara e sull’antico palazzo Budetta, vicino la fontana pubblica, è documentato il toponimo la Corte (1). Posto alla base di Ripa della Manna, in luogo, protetto e arroccato ma ben collegato con gli altri siti longobardi, fu scelto dal faraman locale per insediarsi con la sua famiglia e il suo seguito. La nascita della cellula abitativa avvenne, con molta probabilità, nella seconda metà del VII o nei primi decenni dell’VIII secolo. Questa esperienza abitativa ebbe vita breve per l’emigrazione del dominus in altri luoghi del Principato. La sua posizione orografica favorì una seconda ripresa abitativa, probabilmente durante gli ultimi decenni del IX secolo, con la creazione di un nuovo insediamento mono cellulare, abitato da un piccolo proprietario locale. Non avendo documenti o indizi sul prosieguo del micro abitato, possiamo solo ipotizzare che sia durato fino all’arrivo dei Normanni.

La Corte e Curtis. I toponimi La Corte e Curtis erano siti nella parte sottostante l’abitato di Votraci e delimitati dal vallone Arenara (2), dalla via pubblica dei Molinati (3) e dalla cupa di Piazza Grande (4). Attraversati da due vie pubbliche, una detta dei Molinati e l’altra dello Trescenzo, erano particolarmente ricche di sorgenti (5) e pozzi sorgentiferi che garantivano un approvvigionamento idrico durante tutto l’anno. I documenti cinquecenteschi ci indicano che vi erano due luoghi detti la Corte, posti rispettivamente vicino piazza Grande e piazza Condorizzi, in posizione dominante rispetto alle Curtis e contigue alle vie che collegavano Votraci con Rovella e Molinati. La sua posizione orografica favorì la nascita di piccoli nuclei umanizzati, probabilmente nel corso del X secolo, con la creazione di varie curtis, abitate da allodieri e cortisani. Il villaggio aveva una forma insediativa sparsa, costituito da una serie di case e coltivi e un livello sociale medio basso. Questo sistema socio economico permane anche nel periodo Normanno-Svevo, garantendo un aumento della popolazione e una migliore condizione economica.
Durante la Guerra del Vespro, a causa del banditismo, il villaggio venne gradualmente abbandonato con lo spostamento degli abitanti nei siti soprastanti. Tale abbandono favorì il reimpianto di piante di olivi e la creazione di nuovi e più compatti oliveti che sostituirono gradualmente le colture orticole.

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Note

  1. “7 maggio 1654: La dote di Amelia Frecina consiste in un ospizio di case palaziate e terranee in sette membri, sito nel casale Votraci, con gaifo a parte superiore, platea avanti e fabrita, giusto i beni di Ferdinando Olivieri, Pomilia Frecina, via pubblica e altri. Item una possessione noncupata detta la Corte seu Andree, appresso dette case, con più e diversi alberi fruttiferi dentro, giusto i beni di Ferdinando Olivieri, Santo Lonardo e via pubblica”. A.S.S., notaio D. Pica, B. 3302
  2. “19 aprile 1574: Magn. Oratio Fregena possiede una terra con alberi di olivi, ulmo, celse et altri alberi fruttiferi, sita nel loco ditto la Corte, confinante con Claudio D’Alessio, Vito Antonio De Angierio, D. Samudio De Angiero, lo vallone dela Arnara et altri”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3255.
  3. “22 maggio 1564: Marco e Joe Belardino Guglielmotta vendono al Magn. Palamedes Denza una possessione sita ubi dicitur ille Curti et proprio dala via che se va ali Molinati ad bascio per adenzar la sepe dela possessione di detto Magn. Palamedes, giusto i beni di detti Venditori e detto Compratore et altri”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253.
  4. “16 luglio 1565 casale Botracor
    Caterina Denza, Donato, Cesare e Sebastiano Guglielmotta vendono al Magn. Innocenzio D’Alessio un oliveto con alberi di olivi, sito ubi dicitur ille Curti, bono eredi del fu Ferdinando Guglielmotta, i beni di detto Compratore, eredi del fu Agostini Frecena, eredi del fu Stefano De Angerio e altri beni dei detti Venditori, et proprio come getta lo termete posto sopra l’auliva grossa e corresponde allo sambuco grosso in facci li beni dell’erede del fu Agostino Frecena ad lenza, e dala face delo termete quando corresponde ala auliva ad bascio, alla auliva co sedera in faci ala quale auliva nge un altro termite de preta et proprio da sopra detta auliva grossa palmi cinque, e corresponde alo sambuco predetto in faci li beni dell’erede del fu Agostino Frecena con suoi juribus e la via deli Botraci per sotto l’arco e scende per lo Trescenzo abascio, et venir per la via vicinale delle possessioni di Piaza Grandi per sotto l’arco, et calar per la cupa abascio e passar dentro lo erede del fu Gennaro Guglielmotta per dove li piacerà ali predetti eredi per un prezzo di duc. 90”.
    A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253.
  5. “22 luglio 1568: un terreno do ille Curti con fonte”. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3270.
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Condorizzi. Il toponimo indica la forma collinare di Corte Sottana e precisamente una piccola fascia di territorio degradante in direzione del vallone Arenara. Nel sito si intravedono una serie di mura che delimitano e racchiudono dei piccoli pianori dove insistevano la Corte longobarda e le successive abitazioni del periodo Normanno-Svevo. Sul lato occidentale, verso l’Arenara, si trovano altri resti di terrazzamenti murati che per la forte pendenza costituivano il luogo ideale dove per costruire una casa fortifica. Nel sito, posto fra il predetto vallone e la via pubblica, venne edificato, con molta probabilità durante il XIV secolo da un vassallo della chiesa un piccolo nucleo fortificato, costituito da varie abitazioni, torre e cortile. Intorno alla struttura originaria, arroccata e murata, in direzione del vallone Trescenzo, si sviluppò un successivo borgo il quale era collegato con gli abitati vicini da due vie pubbliche: Rovella-Votraci e Molinati-Votraci.
La famiglia Frecina, documentata nel nostro nucleo di Condorizzi, possedeva un vasto feudo nel luogo detto Castelluccio (Battipaglia, in pertinenza di Eboli), “redditizio di cinque libbra di cera alla Chiesa Maggiore di Salerno”. Non sappiamo se sia stato frutto di un’unica concessione feudale o di una serie di acquisti da parte di Donato, vissuto intorno alla metà del ‘400. Membro di spicco di quel ceto di vassalli della chiesa esistente a Montecorvino, era un personaggio molto dinamico e intraprendente, capace di gestire vasti fondi agrari e commercializzare in proprio i prodotti provenienti dalle concessioni feudali e dalle sue proprietà. Nell’ottobre 1450, l’Arcivescovo di Salerno concede a Donato Frecena detto Cola Barrile il privilegio per lui e i suoi discendenti di “poter macinar franco per uso di sua casa flumenti e legumi nei mulini di detto nostro Castro, e di poter pascolare i suoi animalia per tutto il territorio e le foreste di detto tenimento” (1). In possesso di una buona liquidità, acquista nel 1465 da Nunzio De Enzio di Olevano un feudo a Montecorvino “in loco dicitur la Peza de Campo de Corgnia” per un prezzo di 25 carlini d’oro” (2). L’acquisto di in cespite non distante dalla sua abitazione era dovuto, con molta probabilità, sia alla buona redditività dell’’arbosto sia allo stato di necessità del Denza.
Nel 1504, suo nipote Donato, detto anche lui Cola Barile, amante del buon bere, vende il feudo di Castelluzzo a “Potate Notari e filiors Richardi de Notari et Lionis Frecina et frates, redditizio alla Chiesa di Salerno per libbra cinque di cera” (3). Il Nostro Cola Barile, purtroppo, non ha le capacità del nonno e per ovviare ai bisogni della sua famiglia è costretto a disfarsi del più consistente e importante dei suoi beni.
A fine Quattrocento, oltre al ramo di Donato, troviamo Leone Frecena, testimone nel contratto di affitto di terre a Giovanni De Gilio (4). Alcuni anni dopo, nel 1504, insieme al fratello è uno dei possessori del feudo di Cola Barile (5).

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Note

  1. “Nicola per permissione Divina Archiepiscopo Salernitano, Diletto a Noi in Christo Donato Frecina ditto Cola Barrile di Montecorbino Nostro fedele e alla Chiesa Salernitana, per la sua fedeltà di vassallo e per sua beneficia e della Chiesa Salernitana esentiamo dal pagamento della gabella dei flumenti (frumenti) per suo uso famigliare, in perpetuo per lui e i suoi eredi mascolini, come diamo ancora l’esenzione del pagamento della gabella degli herbaggi nei Nostri territori e foreste del tenimento di Montecorbino, che detti ufficiali devono rispettare a tenore del presente privilegio. Con mio Pontificale sigillo, in terra Nostra Montecorbino apud casale Strata, in anno domino 1450, giorno 14 ottobre”. A.D.S., Reg. Mensa n. 33.
  2. “Nell’anno 1465, Regnate il Domino Ferdinando I per Grazia di Dio Sicilia Citra et Hungheria, nel VII anno facente Re, die 29 giugno, apud casale Strata, pertinente Montecorbino, in via pubblica ditto casale.
    Noi Rodoherio Arfarello di Montecorvino, notaio in Regno Sicilia, Regio Giudice a Contratto, Johanni Loiso De Putheo de Gifoni, Regio Pubblico Notaio in Regno Sicilie, e detti testi sottoscriventi: Domino Johanni Loiso Magistro, Phisico e Cerusico Giosue de Cupeti, Gregorio Giudicemattei, Mattheo Aiutoro, Massimino Maurello, Novellino Pico, Masio Maurello, Johanni de Enzio, Johanni de Trocta, Cola de Rodoheris et Dantibus Ferrariu di Montecorbino testis ad hoc vocatis.
    Si costituiscono Nuntio de Enzio, della Terra di Olibano et Donato Frecena del casale Botracoru, pertinente Montecorbino.
    Detto Nunzio afferma di avere e possedere beni del suo avolo un feudo perpetuo in affitto dalla Ecclesia Maggiore di Salerno, in virtù di concessione del Domino Guglielmo, Arcivescovo Salernitano, vivente Papa Bonifacio, redditizia in perpetuo di una libbra di cera laborata l’anno.
    Dicto Feudo consiste in una terra a co olivi, alberi di fico, cerase e altri alberi fruttiferi, posta in ditta terra di Montecorbino, et proprio in loco dicitur la Peza de Campo de Corgnia, confinante con la via pubblica qui vadit ad locu qui dicitur Imbrathaga (?), giusto i beni degli eredi del fu Angelillo Corrado, i beni degli eredi del fu Guglielmo Salicone, i beni di Paolo de Alexio, i beni degli eredi del dicto fu Guglielmo Salicone et Donato Salicone e i beni di Antonelli Corrado, in integro stato e libero. Per sua utilità detto Nuntio afferma che paga libbra cinque di cera laborata ogni anno. Avendo avuto colloquio con ditto Donato e avuto l’assenso dell’Arcivescovo di Salerno, benignamente dato a esso Nuntio, lo vende a ditto Donato per un prezzo di 25 oncie d’oro da pagarsi in cinque mesi.
    Il 21 giugno1465, ricevuto l’assenso dell’Arcivescovo di Salerno, Donato Frecena alias Cola Barrile (Barile) per sua cautela e per futura memoria dei suoi eredi fa atto pubblico per mano del Notaro Johanni Loiso de Putheo, con la presenza e la sottoscrizione del Notare Rodoherio Arfarello e dei stessi testi presenti nell’atto di compera del marzo 1465”.
    A.D.S., Reg. Mensa n. 22.
  3. A.D.S., Reg. Mensa n. 2.
  4. A.C., Fondo Pergamenaceo, Arca LXXXVII, n. 43, 15 settembre 1498.
  5. A.D.S, Reg. Mensa n. 2, anno 1504.
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Arenara. Lungo il vallone Arenara, alle falde della Ripa della Manna, sopra la via pubblica principale, venne fondata, con molta probabilità durante il XIV secolo, da un allodiero, legato da vincolo feudale all’Arcivescovo di Salerno, una abitazione fortificata con cortile interno, acqua sorgente (1) e arco di ingresso (2). Il piccolo nucleo era collegato alla sottostante via da una strettola con gradoni mentre sul vallone si apriva un piccolo varco di ingresso, posto all’interno di un alto muro di confine. In questo periodo, probabilmente, fra le famiglie locali troviamo i D’Angiero, appartenenti al ceto dei vassalli della chiesa e proprietari di vari beni in loco. Nel secolo successivo al nucleo originario si aggiunsero altri vani e depositi agricoli, costruiti in direzione Nord, vicino al cortile e alla fonte sorgiva. In particolare, in questo nuovo nucleo, vi erano le case edificate da Giovanni De Angerio. Membro di spicco della casata e fortunato uomo politico, risulta nel 1424 fra i “Sindacos dell’Università di Montecorvino” presenti all’accordo stipulato fra il Capitano di Salerno, l’Arcivescovo di Salerno e la detta Università (3).
Poco distante dalle case dei D’Angiero, durante ‘400, troviamo le abitazioni di una altra famiglia di origine vassallatica: I Bracale. La casata durante la seconda metà del secolo rimane fedele agli Arcivescovi feudatari, ricevendo piccole concessioni feudali e diversi appalti. Fra i suoi membri è documentato un certo Iacobello fornitore nel 1490 di materiale e merce varia al castello di Montecorvino per un valore di duc. 10 (4).

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Note

  1. A.S.S., notaio A. Satriano, B. 3331, 25 gennaio 1701.
  2. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3251, 2 febbraio 1558.
  3. G. Paesano, Memorie per servire alla storia della chiesa salernitana, III, Napoli1846-1857, pp. 407 a 413. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 44.
  4. Il pagamento viene effettuato il 13 ottobre 1490. A.D.S., Reg. Mensa n. 24. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 55.
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Trescenzo e Piazza Grande. La parte orientale della Corte Sottana era attraversata da due vie, di cui una detta cupa dello Trescenzo (1), che conducevano all’abitato di Molinati. All’ingresso del villaggio doveva esserci una porta sotto arco, dotata, probabilmente, di un cancello di entrata, che consentiva l’accesso al casale e il controllo delle merci e degli uomini diretti alle altre cellule abitative esistenti sul lato Ovest di Votraci.
Nella Corte Soprana, con molta probabilità durante il ‘300, venne eretta una casa torre con arco alla sua base dal quale si entrava a Piazza Grande. La struttura abitativa aveva la duplice funzione di casa signorile, deposito per le derrate agricole e per gli animali e, soprattutto, di controllo delle due vie vicinali delle Curti. Lungo una di queste venne costruita, probabilmente nella seconda metà del XIV, l’abitazione signorile del notaio Guglielmo Guglielmotta. Il notaio, ricco esponente del notabilato locale, fonda la cappellania di S. Giacomo e S. Filippo all’interno della chiesa di S. Pietro con “Jus seppelliendi e nominandi Cappellano per se e i suoi eredi maschi”. Con questa donazione il Guglielmotta voleva dimostrare la ricchezza e il prestigio acquisito all’interno della società montecorvinese e dare un luogo fisico di unità di intenti ai suoi discendenti (2). La sua dimora, posta nel nucleo di Trescenzo-Piazza Grande, nel corso del XV secolo, venne dai suoi eredi ampliata con la costruzione di altri vani lungo la via principale, rendendola così più capiente e funzionale alle nuove esigenze insediative (3). Fra i suoi discendenti troviamo un Domenico, possidente e concessionario di beni della Mensa Arcivescovile di Salerno e del Monastero della SS.ma Trinità di Cava. Nel mese di aprile del 1465, riceve da padre Giovanni da Eboli, procuratore del Monastero di Cava, l’affitto di tre terreni siti nel territorio di Montecorvino e Eboli, per un annuo censo di ben 95 moggi e 12 tomoli di grano, da consegnarsi nel mese di agosto all’erario del Monastero. Nel mese di giugno l’assegnazione viene confermata davanti al notaio Leonetto Magistro Morretta, del giudice e di alcuni testimoni, alla presenza e con l’avallo di tre garanti: Gentile De Angelo, Gentile Ferraro e Giacomo de Giovannino (4). La consistenza dei beni affittati, la modalità di assegnazione e il notevole censo annuale fanno presuppore che il Nostro fosse solo il prestanome di una società costituita in precedenza fra lui e predetti garanti. La gestione del grosso patrimonio terriero, la coltivazione delle terre, il pagamento del canone di affitto e la commercializzazione dei prodotti agrari erano comuni, come era comune il grano e l’orzo ricavati. I compiti e le mansioni erano equamente divisi, spettando al Nostro, per la sue capacità agrarie, la conduzione delle terre e la gestione degli operai e degli animali da lavoro. Non si può escludere, comunque, che, come appare nel contratto, l’affitto fosse interamente a carico del Guglielmotta, con tutti i rischi e pericoli che tale onerosa attività comportava. In questa seconda ipotesi, il ruolo dei garanti, come viene sottolineato nella stipula notarile, era di rassicurare il procuratore e il Monastero sul mancato pagamento del canone, garantendo il rimborso sopra i propri beni. In entrambi i casi le figure dei garanti sono di notevole importanza nella stipula del contratto, conoscono molto bene il Guglielmotta e, quasi sicuramente, sono suoi compaesani, abitando nel villaggio di Votraci. A fine secolo è documentato un Gabriele, probabilmente figlio o nipote del precedente, fornitore nel 1490 di materiale e merce varia al castello di Montecorvino per un valore di ducati sei (5).
Nel corso del ‘400, la parte inferiore del nucleo venne abbandonata gradualmente con la costruzione di nuove abitazioni lungo l’asse viario principale. Ai bordi della piazza l’antico caseggiato trecentesco, abitato con molta probabilità dalla famiglia Corvino, venne ampliato e reso più funzionale al ruolo che i vari personaggi della casata ricoprivano all’interno del villaggio. I Corvino sono documentati nel 1308, quando gli eredi di d. Pietro Corbino, “sub collettore delle decime dell’Arcipretura di Montecorbino”, devono pagare quando dovuto al “collettore delle decime papali” (6). Nella seconda metà del Quattrocento è documentato un Giovanni, locale proprietario di fondi agrari e concessioni feudali, presente come testimone nel testamento di d. Gennaro Maiorino (7).
La famiglia doveva la sua fortuna ai legami che alcuni suoi membri avevano con gli ’Arcivescovi di Salerno, i Vescovi di Acerno e con altri enti ecclesiastici. In cambio della loro fedeltà e per l’appartenenza al clero locale ricevettero vari feudi siti a Fiorignano, Vallemonio e Fica Rotonna (8).

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Note

  1. “30 gennaio 1592: via pubblica dello Trescenzo”. A.S.S., notaio V. Vasso, B. 3263.
  2. A.D.S., Mont. Rovella Benefici e Cappelle 1587 – 1764. Documento I.
  3. “28 settembre 1565 casale Cornie
    Gesus, Antonio, Salvator et Carolo Guglielmotta vendono al Magn. Innocenzio D’Alessio un oliveto con alberi di olivi, sito in loco dicitur ille Curti, giusto via vicinale per andar alle possessioni ad bascio, giusto altri beni di detto Compratore e di detti Venditori, dalla banna soprana, proprio come getta lo termite dalo pizo soprano verso la Piaza Grande, posto in fazi quello se comprato da Donato Guglielmotta et corresponde ala via vicinale et proprio palmi otto da sotto lo muro dela casa fabrita di detti Venditori, quale casa se nuovamente fatta e fabrita, per un prezzo di duc. 100. Co patto speciale per i detti Venditori di trasir ac venir quo (per) via vicinale soprana per andar ala possessione loro sita ala Arnara e dala tornar ad loro”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253.
  4. “7 giugno 1465 in casale Robella pertinente Montecorbino
    Si costituiscono Leonetto Magistro Morecta, pubblico Notaio, Magisstro Giovanni Francesco Maiorino, giudice a contratto, e i testi: Masello de Johannino, Gregorio de Giudicemattei, Henrico Niger, Blasius de Rodohero di Montecorbino, Joanno de Barracco et Florius de Fenza de Salerno e Contibus de Anello de Gifoni, ad hoc vocati.
    In ditto die cora noi giudici notaio e testi compare l’onorato religioso Padre Giovanni da Eboli, Procuratore idoneo del Monastero di Cava da una parte e Domenico Guglielmotta dall’altra.
    In anno 1465, pontificato di Papa Paolo, mense di aprile, giorno 21, apud Monastero della SS.ma Trinità di Cava, avanti a Noi Padre Giovanni, Procuratore di detto Monastero, Agente per venerabile Abate di Detto Monastero, e Domenico Guglielmotta de Montecorbino, Padre Giovanni dichiara a Noi che vendit et assegna più beni siti nella terra de Montecorbino, a ditto Domenico de Montecorbino, in suo nome e per i suoi eredi, come ultimo e miglior offerente ad accenzione di candela i redditi, i diritti e gli emolumenti delle terre e delle vettovaglie di una terra seminatoria et laboratoria, sita a Montecorbino ubi dicitur …. (Santo Mataro de Portai), in pertinenza di Montecorbino et Eboli; più un’altra terra con i suoi fructi ad Mercatello, pertinente la terra di Montecorbino, giusto Santa Maria a Mare; un’altra terra ad Macchia de Letta, pertinente la terra de Montecorbino, il tutto per un prezzo di grano e orzo di moggi 95 e tomoli 12, alla giusta misura de Montecorbino, con dare grano bono et atto, da consegnarsi nel mese di agosto prossimo futuro. Ditto Domenico Guglielmotta promette di dare e consegnare detto grano et orzo pattuito entro il prossimo mese di Agosto. Compaiono a garanzia del pagamento del ditto Domenico Gentile De Angelo, Gentile Ferraro et Jacobus de Johannino de Montecorbino, i quali si impegnano con detto Giovanni Procuratore di corrispondere detto pagamento in caso di mancanza ponendo la fede sopra i propri beni.
    Io Notaio Leonetto Magistro Morecta ho scritto quanto sopra, ponendo il mio personale sigillo”.
    A.C., Fondo Pergamenaceo, Arca LXXXIV, n. 12.
  5. Il Guglielmotta viene pagato il 3 ottobre 1490.A.D.S., Reg. Mensa n. 24. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 55.
  6. M. Inguanes – L. Mattei Cerasoli – P. Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Campania, città del Vaticano – Biblioteca Apostolica MDCCCCXLI.
  7. C. Tavarone, Racconto storico e artistico della cappella di S. Maria delle Grazie in Montecorvino Rovella, Sarno 2018, p. 75, 3 maggio 1508.
  8. Le tre unità fondiarie sono documentate negli anni ’50 del Cinquecento come terre redditizie alla Mensa Arcivescovile di Salerno. Notaio N. Venturello e F. D’Alessio, B. 3246 e 3250.
11

Piazza Grande. Il piccolo borgo era costituito da due nuclei con abitazioni poste sul lato nord della via Votraci-Piano Antico. Il primo era sito poco al disopra della confluenza della cupa del Trescenzo con la strada principale, in posizione dominante e di controllo sulle merci e gli animali che transitavano nel casale. Il secondo, posto a Piazza Grande, fu costruito in epoca successiva e rappresentava senza dubbio le modifiche urbanistiche avvenute nel corso del Quattrocento, quando varie famiglie abbandonarono le scomode dimore arroccate per trasferirsi nelle più comode e funzionali case in piano. I due nuclei, per la loro posizione centrale rispetto agli altri micro abitati e per la vicinanza alla strada principale erano, probabilmente, utilizzati dai vari esattori delle tasse per riscuotere la fida sugli animali e le varie gabelle poste sui prodotti che transitavano nel casale.
Il primo dei detti luoghi umanizzati era caratterizzato da una piccola piazzetta antistante l’accesso al borgo (1) con entrata sotto arco e via a gradoni che conduceva alle abitazioni poste sopra un terrazzamento murato. Le case a corte chiuse, torretta e recinto murato e siepato, furono costruite, probabilmente, durante il Trecento da un ufficiale feudale o un facoltoso personaggio legato alla Chiesa di Salerno. Nel corso del ‘400, nel sito si insediò, probabilmente, un membro della famiglia De Beneditto, il quale ristrutturò il vecchio fabbricato e costruì ex novo la torre (2) e nuovi vani, rendendo l’intero complesso abitativo più consono alle aspettative economiche e sociali della sua famiglia.
L’altro micro abitato, sito affianco al precedente, su di un terreno in pendio e caratterizzato da un serie di terrazzamenti in muratura, aveva, con molta probabilità, un accesso sulla piazza principale. Costruito nel medesimo periodo del primo caseggiato, era abitato, probabilmente, nel prima metà del XV secolo da Giacomo Orlando, piccolo proprietario terriero e vassallo della chiesa. Nel 1468 i figli Leone, Matteo e Troiano per la “loro fedeltà e i buoni servizi prestati all’Arcivescovo di Salerno ottengono l’esenzione dal pagamento della macinatura e un feudo consistente in tom. 22 di terre seminatorie a Cerciano, pertinente Castro Montecorbino” (3).
La famiglia Franchini, purtroppo, non è documentata nei vari atti da me consultati salvo che nel diploma del 1494 dove vengono menzionati Mariantonio, Francesco e Carlo (4). E’ molto probabile, quindi, che i tre personaggi in questione siano vissuti a Votraci fra gli anni ’70 e ’80 del secolo presso l’attuale piazza (5).

12

Note

  1. Sull’altro versante della strada, troviamo uno spiazzo chiamato la Piazza Soprana, dove erano dislocate le case dei De Beneditto e degli i Orlando. A.S.S. notaio P. Bracale, B. 3259, 28 febbraio 1580.
  2. “28 agosto 1592: Testamento di Carmonsina de Beneditto, nella sua casa sita nel casale Votraci. Lega a Domenico Ferro e Francesco Rosso due domo sotto sopra e proprio la Torra, confinante con Lucrezia Cioffi e Gliciani Guglielmotta”. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3270.
  3. “14 novembre 1468
    Nicola per permissione Divina Archiepiscopo Salernitano Nostri Diletti Leone, Matteo e Troiano de Jacobo Orlando, fratibus del casale Botracoru, pertinente terre Montecorbino, Nostri fedeli e ai Pastori della Chiesa Salernitana, per la loro fedeltà e per loro supplicatione fatta a Noi, diamo credito nella loro fedeltà e obbedienza, graziosamente concediamo a loro l’esenzione dal pagamento della gabella del mulino per macinar franco frumento e legumi per loro uso famigliare nel tenimento di Montecorbino, di presentarlo ai suoi Officiali in detto Tenimento, con possibilità di trasmetterlo ai loro eredi. In più concediamo un feudo della Nostra Mensa Arcivescovile, consistente in tom. 22 di terra seminatoria, sita nel luogo detto la Chiana di Cerciano, pertinente Montecorvino, confinante con un altro terreno di detta Mensa, la stradella di detta Piana, il vallone detto Santo Lonardo e l’altra strada pubblica”.
    A.D.S., Reg. Mensa n. 33.
  4. F. Serfilippo, Ricerche storiche sulla origine di Montecorvino nel Principato Citeriore, Napoli 1856, p. 100.
  5. “4 agosto 1601: Inventario dei beni del fu Francesco Franchini. Fra le case vi sono alcune fravite derupate”. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3273.
13

Coste dei Votraci. Nella parte alta dei Votraci, fra la cupa di Piazza Grande e il vallone della Celza si formò, probabilmente durante la prima metà dell’XI secolo, un casale sparso abitato da varie famiglie di origine italo greche. Il sito era fornito, nella parte orientale, lungo il vallone della Celza, di due sorgenti perenni, che per la quantità di acqua formavano dei piccoli terreni umidi e impaludati (1). Queste cellule abitative italo greche, collegate con il sottostante villaggio di S. Eustachio da due vie pubbliche che conducevano rispettivamente ai Greci e a S. Lazzaro, costituivano insieme ai nuclei di popolamento dei Greci un’unica entità abitativa. Le capacità agrarie e artigianali di queste popolazioni consentì un amento demografico e socio economico dell’intero borgo, raggiungendo per dimensione e il livello sociale il vicino villaggio delle Curtis.
Dal periodo normanno fino alla Guerra del Vespro, probabilmente, permane il modello preesistente per essere poi abbandonato con lo spostamento dei suoi abitanti verso la parte alta dei Votraci. Tale fenomeno provocò la separazione delle due entità di Votraci e Greci e la nascita di due casali separati, appartenenti durante il XIV secolo dei nuclei di popolamento di Votraci e Molinati.
Nella seconda metà del ‘300, l’emigrazione degli abitanti dal villaggio italo-greco verso la parte alta si era, probabilmente, già concluso, formando due piccoli borghi arroccati, collegati fra loro da due vie parallele, la Votraci-Antico e la strettola, posta poco al disotto. Il primo nucleo era sito lungo la strada proveniente da S. Lazzaro, di fronte alla fontana dello Piesco ed era costituito da una o più case fortificate. Il secondo, posto a Piazza Grande, era più ampio e popolato ed era dotato, probabilmente, da mura perimetrali e da una cappella incassata in una delle abitazioni esistenti in loco. Le famiglie residenti, discendenti per la maggior parte dagli emigrati italo greci dell’XI secolo, avevano conservato un forte sentimento di appartenenza, formando una comunità compatta e coesa al punto tale da determinare l’estensione del toponimo Votraci all’intero casale. Fra i personaggi che vi abitavano, con molta probabilità, vi erano diversi membri delle famiglie Marocta e Bonorisi, proprietari di abitazioni e fondi nel casale e nelle sue vicinanze. La prima, probabilmente di origine italo greca (2), è documentata dal toponimo Serra Marotta, posto poco al disopra dell’attuale Chiesa di S. Bernardino (3). La seconda, invece, è presente nell’omonimo luogo di Bonorisi, sito nel borgo dell’Acqua della Celza, vicino la fontana dello Piesco (4). Il nome Bonoriso è documentato solo come località durante il Cinquecento per cui si può tranquillamente affermare che è la famiglia era presente in loco già nell’ultima parte del Medioevo.
Durante il XV secolo assistiamo a un ulteriore spostamento del costruito in direzione della via principale e di Piazza Grande, alla costruzione di nuove abitazioni e ad un sostanziale aumento demografico. Fra le famiglie residenti troviamo, con molta probabilità, ancora le vecchie famiglie dei Marotta e Bonorisi e le nuove casate dei Provenza, Ferrari, De Angelo, Vasso e, forse, dei Caromando.
La famiglia Ferraro, proveniente da S. Martino o da Ferrari, si insediò nel nostro borgo nella prima metà del ‘400, acquistando beni e costruendo una casa a corte chiusa. Nel 1452 fra i preti del Capitolo di S. Pietro viene citato un d. Paolo, prius de Votrangi (5).
La famiglia Provenza, di origine francese, è attestata a Votraci nella seconda metà del XV secolo, dove possedeva vari fondi e abitazioni. Negli anni ’80 del secolo, Margherita, giovane fanciulla di Votraci viene data in sposa dai suoi genitori, di cui ignoriamo i nomi, a Troiano De Angelo. Il nostro Troiano si trasferisce nel borgo dove vive con la moglie e i figli fino al mese di febbraio del 1495, quando per una fatale lite con Antonio Loiso D’Alessio viene ucciso. Il D’Alessio, accusato dell’omicidio, per evitare il carcere si accorda con la moglie e i figli pagando sotto banco un sostanzioso risarcimento in cambio di un atto di “escolpa”. La vedova e i quattro figli, ricevuto la somma pattuita, si recano alle Pezze di Gauro, dove, davanti al notaio, giudice e testimoni affermano che per l’omicidio di “Troiano, loro padre e marito fu accusato Antonio Loiso D’Alessio e che ii detto Antonio Loiso è innocente, innocentissimo, di non molestarlo ne farlo molestare” (6).

14

Note

  1. “6 marzo 1607: oliveto con alberi fruttiferi sito nel casale Votracoru, ubi dicitru la Padula, confinante col vallone dell’acqua della Celza”. A.S.S., notaio G. Cesaro, B. 3268.
  2. Nel febbraio del 1203, fra gli abitanti del casale Liciniano (Olevano) viene citato un “Rau(m) de Marocta greca”. A. Di Muro, Terra, uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana (secc. XXI-XIII), Modugno (Ba) settembre 2012, p. 158. Non si può escludere, comunque un origine locale e italiana del nome, essendo documentato nel Quattrocento una famiglia Marotta a Giffoni. A.S.S., notaio A. Falivene, B. 2734, 28 dicembre 1499.
  3. “1 luglio 1726: Serra Marotta da sopra lo Stritto”. A.S.S., notaio S. Corrado, B. 3337.
  4. “10 settembre 1597: Oliveto sito nel casale Botrocaoru e proprio dice li Bonorisi”. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3270.
  5. “18 agosto 1452: Esame dei presbiteri della Diocesi di Acerno.
    D. Paolo Ferrara, prius de votrangi, diocesi di Acerno, giurando davanti al Vicario di Acerno, esaminato sulla sua coscienza (ecclesiastica) non risponde bene e quindi è sospeso a beneplacito del Vescovo”. A.D.S., Visite Pastorali Acerno-Montecorvino 1452-1868. A. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., p. 132.
  6. “3 marzo 1495 ubi alle Pezze di Gauro, terre Gifoni
    Si costituiscono Barrachito, Alfonso, Giulio e Bardibona De Angelo, figli del fu Troiano, con la presenza di Margherita Provenza, in qualità di matre e tutrice e vedova del fu Troiano, del casale Botracoru da un lato.
    Antonio Loiso de Alexio, del casale Marancioru dall’altro lato.
    Madre e Figli asseriscono che fu ammazzato Troiano, loro padre e marito rispettive, e che di detto omicidio fu incolpato Antonio Loiso de Alexio. Ora affermano che è innocente, di non molestarlo, né di farlo molestare”. A.S.S., notaio B. Scalzio, B. 2733. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 124.
15

Documento I

“Bolla di Mons. Lelio Giordano del 15 aprile 1575 ai discendenti del Notar Guglielmo Guglielmotta della Cappella degli Apostoli Filippo e Giacomo, eretta nella Chiesa Matre di S. Pietro de Robella con Jus Presentandi Cappellano e Seppelliendi.
I discendenti del fu Notar Guglielmo Guglielmotta con supplica umilmente espongono che avendo il detto Notar Guglielmo sin da circa due secoli addietro aveva fatto un cappella con sepoltura sotto il titolo SS. Filippo e Giacomo Apostoli dentro la Chiesa Matre di S. Pietro con un fondo di sepoltura, Beneficio vero laicale di Jure Patronato di loro famiglia, con le prerogative in esse ammesse, e chiamò di quello li suoi figli maschi ed eredi maschi, escludendo sempre le femmine.
Si vuole dimostrare che il fu Notar Guglielmo Guglielmotta avesse fundato e dotato la Cappella di SS. Filippo e Giacomo Apostoli nella Chiesa Matre di S. Pietro di Robella. Qual fondazione per lunghezza del tempo non hanno potuto ritrovare la Bolla di Fondazione.
Alcuni anni orsono la Cappella fu devoluta alla Curia Vescovale. In detto anno poi con supplica di noi asserti discendenti del nomato Notar Guglielmo chiedono a detto Rev. Vescovo la reintegra per loro e successori maschi di essi richiedenti.
Diofebo Guglielmotta, Donato, Cesare e Sabatino fratelli, Francesco, Antonio et Salvatore fratelli, Fabio, Diocleziano. Scipione, Sergio, Martino, Virgilio, Fabrizio et Polidoro Guglielmotta, tutti discendenti e successori del fu Notar Guglielmo Guglielmotta, Primo Fondatore.
Oggi predetto Mons. Giordano assegna e reintegra i detti discendenti del fu Notar Guglielmotta nella Cappella di SS. Filippo e Giacomo, con Jus Seppelliendi e Presentandi Cappellano”.
A.D.S., Mont. Rovella Benefici e Cappelle 1587-1764.

Erezione della parrocchia nel villaggio Votraci

01
Alla fine del Seicento gli abitanti di Votraci manifestarono al Vescovo di Acerno l’intenzione di voler riparare e fornire la chiesa di S. Bernardino di tutto il necessario per celebrare la messa nei giorni festivi. L’iniziativa fu accolta dal Capitolo di S. Pietro tanto che nel 1718 era funzionante e frequentata dalla popolazione. Nonostante gli sforzi degli abitanti del Casale di rendere S. Bernardino più accogliente e funzionale, la sua condizione rimase quella di chiesa secondaria. Infatti essa per buona parte del Settecento risulta nelle visite pastorali priva del SS. Sacramento e di un sacerdote addetto stabilmente alla sua cura.
02
Per mutare questa incresciosa situazione i notabili di Votraci, prima fra tutti l’Arciprete d. Fabio Franchini, “supplicarono Mons. Clandrelli, vescovo di Acerno, per la restaurazione e nuova fabbrica di una chiesetta sotto il titolo di S. Bernardino, sita in detto Casale”, affinché “non solo si potesse celebrare il Sacrificio della Messa, ma benanche riponerci nella medesima il SS Sacramento per potersi dare il viatico in caso di necessità”. Il Vescovo, presa a cuore la richiesta dei figliani di Votraci, si adoperò presso il Monte Reale della Venerazione del Santissimo Sacramento di Napoli, al fine di ottenere “qualche elemosina” per il restauro di S. Bernardino. Ricevuta dal suddetto Monte una polizza di 100 ducati, il prelato esortò i richiedenti affinché cercassero un “mastro fabbricatore” che portasse a termine l’opera. I “richiedenti” per adempiere tale richiesta, indissero rapidamente una pubblica asta dove ne uscì vincitore “Mastro Ciriaco Sorrentino” per un prezzo di duc. 112 e grana 50. Al momento di stipulare il contratto con il Sorrentino “ per loro disgrazia passò all’altra vita il cennato Vescovo Calandrelli, a cui trovasi intestata l’anzidetta polisetta di Banco, e non si è potuto obbligar e comandare il ridetto Sorrentino, ma trovandosi destinate persone per tale atto”.
03
Per evitare la perdita del denaro stanziato inoltrarono una petizione all’Università, affinché i suoi organi di governo eleggessero due persone a cui affidare il ruolo di Procuratori. Le persene incaricate dal Sindaco e dagli Eletti furono il Can. D Giuseppe Franchini e Nicola Provenza, i quali, compiuti le dovute operazioni per acquisire il denaro concesso dal Monte, stipularono l’atto notarile con “mastro Ciriaco” l’8 settembre 1797. I lavori commissionati all’Appaltatore consistevano nel rafforzamento della struttura, in una nuova tettoia ed alcuni abbellimenti interni, ovvero la realizzazione di una volta a botte, due finti archi e l’intonaco delle pareti. Nonostante la realizzazione di questi lavori e le continue richieste dei figliani di Votraci, S. Bernardino rimase semplice chiesa per buona parte dell’Ottocento. Nel 1868, in un periodo di forte crisi per la Diocesi di Salerno, l’Arcivescovo Antonio Salomone decise di esaudire i desideri e le continue richieste del Capitolo di S. Pietro e degli abitanti di Votraci, erigendo S. Bernardino a Parrocchia.
L’Arcivescovo di Salerno, Mons. Antonio Salomone con bolla di arcivescovile del 3 Luglio 1868 eresse S. Bernardino di Votraci come nuova parrocchia di Montecorvino.
Estratto da A. D’Arminio-V. Cardine-L. Scarpiello, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, Montecorvino Rovella febbraio 2018, pp. 53-54.
04

Copia = Montecorvino 4 giugno 1868
Molto Reverendo Signore =
Questo Rev.mo Capitolo non ignora di fermo quanto sia cresciuta la popolazione del Villaggio Votraci, e le quante vivissime istanze e premure ci si fecero l’anno decorso da questi abitanti d’ogni condizione, ripetute più calde nella Nostra visita, che vi facemmo pochi giorni indietro, per avere un Curato proprio che sopperisca prontamente all’Amministrazione dè Sacramenti, ed à bisogni spirituali di quel popolo, che è anche parte del Dilettissimo Nostro gregge, che ci venne eziandio gelosamente confidato nel Signore.
Non potendo essere più sordi alla giustizia dè reclami, siam venuti nella ferma risoluzione di erigere in quell’Oratorio pubblico una Chiesa Parrocchiale che sia pienamente assimilata alle altre tre di Casali, con le stesse leggi e censi contenute nella Bolla di Fondazione o di restituzione del Collegio Capitolare della s. m. di Mons. Serraro, data 13 maggio 1617 salvo le modificazioni subite per i Nostri Predecessori e per le Apostoliche Costituzioni.
La sola innovazione che per Noi si stima necessaria a farsi, riguarda l’assegno dell’8 (ottava), dell’25 (venticinquesima) porzione, e prebenda, per avere anche in questo la perfetta assimilazione agli altri Canonici Curati. E questa aliquota parte vuole distaccarsi dalla metà dell’anzidetta porzione, solita à venrsi assegnata agli Arcipreti pro tempore, per guisa che l’Arciprete novello invece di fruire di quattro, fruirà di tre ottavi, come verrà confermato nella Bolla di erezione.
Per tutt’altro poi che occorrerà alla istallazione della Parrocchia, vol dire allargamento di Chiesa, acquisto di fonte battesimale, supplemento di arredi sacri, e via discorrendo, non bisogna sconfortarsi, imperciochè le cose di Dio son così fatte, che dato appena ad essi il movimento, giungono sole al loro compimento.
Ella quindi ne farà proposta in pieno Capitolo, e si trasmetterà copia della conclusione. Le impartiamo la Nostra Pastorale Benedizione.
Il Rev.ndo Cantore Budetta. L’Arcivescovo Antonio Salomone.

05

Dominico ex grege in han parva partis regime, Nobis liceat immerentibus concreditae, de qua absolutam sana ratione sumus prestcritim redituri, in eo potissimum mjora pastoralis Nostra vigilantiae studia convertenda essa semper duximus ne quid scilicet negligentiae, ex quo salus animarum, quae pretiosissimo Domini Nostri Iam Christi sanguine redemptae sunt, valeat ququaversus commendari. In ea praesertim quanta maxima pascemus animi alacritata ac studio opera pretium intendere existimamus, qua pascua Christi fidelibus salutatia, in frequenti videlicit, in principua saltem articulum fidei peritia, in proripta Sacramentum administratione, in primis proreferant comporanda. Nihil ideireo iniucendius egregiusque animo Nostro proteritis diebus erat perfecendum, quam visitationis versione populum penes proximum Votraciearem Normitipros ducentes, hisca auribus, et hisce oculis audire ac legere universorum cujusque generis ac conditionis ineolarum expostulationes, quibus proprium sibi pastorem eniyis efflegitobant, qui spirituali suarum animarum utilitati prospiceret, totamque suam operam novaret. Et re quidem vera querimoniae jure, meritoque veritati innitebantur: ex accerratis enim infermationibus habitis, fuit a Nobis probe aniinaduertenderum, quo dille populus in prorentiarum seycentis cixeiter animabus numerosus, atque in naturali morum probitate cu religione constitutus, in ea versa batur conditione, qua frequentam vita aeterna ponem quaerens, non erat qui pastorali ei frangeret charitate, nequa erat qui ejus pueras ac puellas fidei rudimenta adoceret, vel evangelica praupte, morunque normas prae oculis ponerit , vel extremo vitae discrimine laborantibus, facilom Sacramentum expiationem, administraret, et pauperibus adiumentum, ac levamen, viduis horantes, ac Deus, viaginibus robur ac columen fieret, omnibuque exemplo, sermone, incensu et opere formam sibi gregis viadicaret. Quae gravia inconvenientia quaequitam magni momenti necessitates ita tempore hiernali aegeri debuerunt, ut raro contigit, quod ab loci ab Ecclesia Divi Petri Collegiali Curata distantiam, senes precertim, pueri, cio debiles impotes esent divinis officiis interesse, monita solutis audire, Sacramenterumque perceptione sape saius robari. Hie amplius jiuvat in meliorem vitam Subsiudiarum reduci, qua a nunquam satis laudando Nostro immediato antecessore F. Re. Marino Paglia sub die 27 mensis Octobris anni 1843. fuit institute, ulpote quae immutatis temporibus, porgilo iam satis excreto, Fide hive praesentibus tempectalibus deponente, pro compertisimo ut, , et quotidiana expercientio edocemux, non quidem merceniaras, sed titolares partones constituendos esse; hoque non minui, immo petius, et si opus fuexit auguri, qui misticas agnes etiam perfactim zelo de sollecitudine, qua docett, sibimet in Dominocapessant assecondas.
Hoc igitur cum ita sint, et matura animi Nostri deliberatione proprensa, adiectoque etiam pleno huiusce Collegialis Capituli suffragio, Auctoritate Nostra Ordinaria, et tanquam etiam Apostolica Sedis Delegati, in Acta Sancta Pastoralis Visitationis, et SS.ma Trinitatis nomine humilitater invocato, proaeseribimus, etatuimus, et decinnimus Votraciensem populum ab Ecclesia Divi Petri Curata omnino esse segregandum proat procentibus Nostris Litteris ex nunc uti seiunetum, ac segregatum definimus: eademque volumus polectate, ut pubblicum Oratorium, in eoden Votracorum pago existens, cui titulus ac nomen Divi Bernardini, scibipsamet invocatione in Ecclesiam Parrocchialem exigendum sit, prout ex nunc acectam ac conctitulam declaramus. Exinde jubemus, eam quam citius Fonte Baptismali, decenti Tabernaculo in Altari Majori ad SS.ma Eucharistia site, ac recta osservandum, Sacris Oleis, suppelletilibus ad Parochiales functiones peragendas necessariis, aliusque omnibus singulisque, quae ad Parochialem Ecclesiam pertinet, instrumendam ac provvidendam esse. Qua de xe ferventiones illius populi in Domimo exortamus , ut non solum proprii ocisattyilio, sed suam dilingentiorem operam prostent, qua per Parochianorum symbolas et collectas, vel per aliam commadiorem si eis videbit rationem ea voleat comparare. Aeque ac volumus, ut iciden Parochiani suam obligationem, ut juris est, animaduertant, qua oleum lampadibus ante Majus Altare perpetuo accensis, elaboratas ceras, aliaque Divino Cultui, Eclesiasque manutensioni, vel extensioni necessaria debent pro re nata suppeditare.

L’Arcivescovo di Salerno, Mons. Antonio Salomone con bolla di arcivescovile del 3 Luglio 1868 eresse S. Bernardino di Votraci come nuova parrocchia di Montecorvino.
Estratto da A. D’Arminio-V. Cardine-L. Scarpiello, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, Montecorvino Rovella febbraio 2018, pp. 53-54.
06
Quod Curatum vero expressa mandamus , ut aliis tribus Curatis, Sancti nompe Michealis Arcangeli, Sancti Eustachio, et Sancti Nicolai ad Nubolam ‘omnimo, ac peritus acquiparetur. Ideoque admodum Reverendo Capitolo hujusca Insignis Collegiata universam hujus Regii Status Montiscorvini animarum curam. Fundationis lega prouferenti ius hunc quartum Curatum nominandi plenarie, atque omnino reservatur. Statuimus tamen pro absoluta aquiparationis coram ide, ut de vigesima quinta Capitularium redditum partilione, da qua dimidiam partem Archipresbiter pro tempore annualim percipit hujusca dimidia quarta pars singulis annis Curato Ecclesia Parochialis Divi Bernardini ex nunc in posterum attribuatux. Qua occasione Capitulum majori qua pascemus industria exrthamur , ut prefatam Parochialem Eclesiam noviter erectam loco Filiae pro oculis habens paterno amore et cargioni qua poterit charitate ejus necesitalibus, atque paupertati opituletur. Ad lites autem, et futuras forson quaestionis circa Jurisditionem procavendas, volumus eam ab oriente, et meridie a prosentibus Ecclesia Parochialis Sancti Eustachii finibus, qui sarta tectqua uti iacent, omnino remanere debeant; et ab occasu (ovest) et septentrione finibus Eclesiae Matricis Curata Divi Petri, ita circumscriti, ut ejus territorium initium a parvo ponte sumat, qui ad Votracorum pagum via pubblica ducit, integrumque locum vulgo Vallone Scaduto nunucpatum veque ad extreman superiorem agri Montiscorbinen oram attingat, prodia rustico ad familias Sparano et Cappuccia pertinentia interchedat, deoque alio prodia Confraternitas SS.mi Rosarii, et Francisci Cerino intermediatur. Benigno demum animo pruibus admodum Rev.di Capitoli canonica congregati, ixsta Capitulum die decima munsis Junii currenti anni deliberationibus, ac Nostris votis penitus consona sunt: labefactis enim temporibus, prout hiva ornatis in dies consipiimus, in iis Capitulis, quam utilitati redentare solat: si enim vero Vicarii laudabilem fontosa operam vi Parochiali prostent, reliqua clero stimulus atque excitamentum desunt, quibus ecclesiastica studia noscturna diurnaque manu versare, integaionemque vita rationem sequi valent, ut dignus atque idonus ad cura exrcitium, et ad salutum animarum se reddat. Et quid autem dicendum si viacius perpetus non pastor, sed ropax lupus oves devorare attentabit, eaque a Dominicis viis abexrandus reducet. Attenta igitur hoc locali conditione, libentar sanimus, ut in hoc lega fundationis deropata quo animarum cura a Curatis per hebdomadam exercebatur; nodum posteriori abrogata praescriptione, qua per curatos pepetuos erat perfuagenda, ad aliam immutionem redeamus aportat, qua decexnimus, et constituimus amodum Rev.dam collegium capitularite die prima mensis Septembris cujclibet anni congregatum ad quatuor Curatorum nominationem procedat, et Nobis illico cum copia a capitulari deliberatione extracta ad probandas vel confirmandas proponet, quia tantulum tamen praejudicii Nostra Episcopali potectati inferatur, cujus virtute Nobis vel nominationes propositas seiicere, vel Vicario siam curam execentes et nominatos confirmare, vel Nostraplenaria Auctoritate eligere, quatenus indignum sive non idoneum nominationes exhibeantur, expressa et ampla juris forma reservamus. Ad aeternam jgitur rei memoriam volumus, statuimus, et mandamus, have Nostras praesentas litteras firmas, validas, et efficaces existere et fore, suosque plenarios affectus sortiri et oblinere, et Parochiali Ecclesiae Divi Bernardini plenissime suffragari, et ab illis ad quos spectat, et in futurum spectabit, in omnibus, et per omnia iviolabiter obsexvari. Datum Montiscorvini in Actu Sancta Pastoralis Visitationis die tertia Mensis Iuli, Indictione XI. Anni R.S. MDCCCLXVIII. Antonius Archiopiscopus Salernitanus, et Ecclesiae Acernen Pepetus Administator. Nicolaus Canonicus Curci Cancelliurus Capitolaris. Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. 16, p. 60 recto.